Stefano Lo Cicero

LUCIO ZINNA

Scrittore, Poeta, Critico d’Arte

Le “riflessioni” poetiche di Stefano Lo Cicero

Con il volume “Riflessioni” Stefano Lo Cicero (pittore che ha già alle spalle una carriera nutrita e brillante) presenta la sua prima silloge di versi, prefata con fine intuito critico da Aldo Gerbino.
Quella di Lo Cicero mi pare una poesia ancora in fieri: c’è una ricerca in atto e quindi qualcosa di irrisolto. Ma giova precisare che c’è sempre qualcosa di irrisolto in una coscienza, come quella di Lo Cicero, che si interroga costantemente; c’è una continua tensione in un animo come il suo proiettato verso forme diverse di espressione.
E “irrisolti” sono intanto i “dilemmi” che il vivere quotidiano e l’attuale civiltà ci pongono di continuo, tormentosamente.
La poesia di Lo Cicero è, direi, sistematicamente impegnata a “doppiare enigmi”: “La mente sconvolta / tenta dilemmi irrisolti / si contorce, si contrae / stremata si spegne” scrive l’autore in una poesia intitolata appunto “Enigma”.
In un’altra composizione “Noi vivi” egli si chiede “Quale enigma ci sovviene / ad espiare i mali dello spirito?”. Questa domanda può porsi come indicativa dello spirito di tutta la raccolta; quest’interrogativo, cioè, qui chiaramente espresso, circola per vie sotterranee in quasi tutte le altre composizioni, anche in quelle che hanno uno spiccato sapore elegiaco (e ce ne sono diverse).
Il vivere è sostanzialmente inteso da Lo Cicero come mistero e come avventura. Spesso come una paurosa avventura. Enigmatica è la stessa figura dell’uomo, capace di finissimi sentimenti, di commoventi delicatezze, ma anche di profonde crudeltà. Lo stesso uomo che, come dice il poeta, è capace di accostare “fraternamente” il proprio cuore alla corteccia di un albero senza vita, può osservare i suoi simili - cioè se stesso, perché uomo e partecipe dell’umanità - “azzannarsi come belve / madri rinnegare i figli / piangere bimbi / tormentati dalla fame” e più oltre “cani randagi / mordere mendichi / occhi piangenti / e mani tremanti / chiedere aiuto”.
La poesia di Lo Cicero è indubbiamente sofferta, poesia di un dolore distillato in silenzio, attimo per attimo, con la tragica prospettiva della fine. Poesia di dolore, ma anche poesia di amore; che descrive il mistero perché tenta di risolverlo, che raffigura la violenza perché la ripudia, che canta l’amore perché lo pone come modello.
E’ parimenti viva, in questa opera poetica di Lo Cicero, una ansia di riscatto, così come spesso ci aprono, i suoi versi, barlume di speranza. Una speranza conquistata a denti stretti, un quid che ci fa proclamare, ancora e nonostante tutto, la vita degna di essere vissuta. A condizione che gli uomini sappiano trovare la loro giusta strada. “Uniamo i nostri intenti / per combattere perversi poteri”: questo il monito dell’artista.
Mi sovviene, a questo proposito, di una considerazione di Eugenio Montale, nella stupenda poesia “L’anguilla”: “Tutto comincia quando tutto pare / incarbonirsi, bronco e seppellito”.
Ecco, questa tematica mi pare di rilevare come elemento di fondo nella poesia di Lo Cicero (a prescindere, in questa occasione, da quelli che possono essere gli esiti, per esempio, sul piano linguistico).
In questo nuovo poeta c’è soprattutto una grande fede nella poesia, nell’arte come elemento catartico, talchè il suo messaggio è anche questo: chi crede nella poesia salva la purezza del cuore (quello che forse ci resta diceva Quasimodo).
Lo Cicero vuol dirci che oggi c’è bisogno di poesia, perché l’uomo di oggi scivola insensibilmente verso schemi di una diffusa violenza, che corre sul filo delle notizie che ci assillano minuto per minuto e a cui rischiamo di abituarci come fatto consueto. Una violenza di cui tutti, specie i giusti, possono rimanere vittima.
La fede nella poesia è fede nella parte migliore dell’uomo. Antica come l’uomo, la poesia è l’alba di ogni suo nuovo giorno: “Aspettare / i fremiti dell’alba / per sentirsi / purificati dal dolore,/ il moto delle foglie / per ascoltare / il canto del giorno / ultimo dono / di una notte che muore”. Una poesia, dunque, abbastanza carica di significati.
Attendiamo il poeta Lo Cicero in altre prove, in cui il verso si faccia più arduo e più smaliziato, affinché la produzione letteraria di questo interessante artista siciliano possa porsi ai medesimi livelli di formale compiutezza della sua produzione pittorica.
Da: Giornale “Palermosport” – Palermo, 29 agosto 1976