Stefano Lo Cicero

ANTONIO CAGGIANO

Poeta, Critico d’Arte

Stefano Lo Cicero - Riflessioni

Lo Cicero è palermitano, poeta e pittore. Questo accostamento si sente (e si vede) non solo per la natura, diremo così, pittorica della sua poesia, ma soprattutto per le illustrazioni (ovviamente dello stesso Lo Cicero) che corredano il concreto volume di liriche, che la Casa Editrice ferrarese Alba, gli ha stampato nel gennaio di quest’anno. Di Lo Cicero pittore abbiamo già scritto che “dà ai colori l’intimismo del vero, ai fondali la vivacità del descrittivo, alle figure il taglio di uno stile rappresentativo che solo il termine in poesia sa creare” e pertanto, rovesciando la questione, non sapremmo dire diversamente del poeta Lo Cicero.
In realtà la sua poesia è tutta sensibilità, meditazione e accoramento (la parola “lacrima” ricorre sovente) nonché vibrazioni e descrizioni, appunto, come un fluire sicuro e deciso di pennellare. “Sul giallo dorato dei campi / tra pietre ed erbe recise / papaveri rossi / ubriachi di sole / dilatano gli occhi / guardano attenti / l’acropoli vecchia / franata sui lati / piegata in ginocchio.” E’ certo la riproduzione in versi di una sua splendida tela “Rovine di Selinunte”.
Uomo del Sud, non trascura di far ardere “il sole sugli agrumeti” della sua terra e sa innalzare la preghiera, nell’ansia corale che solo gli uomini della sua terra sanno alitare, “e dai cimeli della fede / lacrime inonderanno / gli asfalti / a dar vita / ad un’ultima preghiera”. In Lo Cicero, quindi, poesia e pittura operano nella stessa dimensione, egli le rapporta ad un senso contemplativo ove non ci si stanca di “saziarsi / di luce e di verità”.
Da: Rivista “Controcampo” – Torino, aprile 1976

Presentazione

“E le anime, a tratti legate / con nodi di fuoco / non trovano scampo / ma bruciano anch’esse / nell’orrore del male / nell’orrore del nulla…”
Sono i versi terminali di una lirica di Lo Cicero, pittore che chiameremo della “realtà richiamata”. Perché questa definizione del nostro artista? Perché e dal verso, pieno di suspence, e dal pennello, il cui impasto uniforme ha lo smalto pastoso delle cose concrete, rifulge una contemplazione meditata, un richiamo antropologico e semantico che circonfonde il prodotto della sua ispirazione. Abbiamo, quindi, una doppia personalità di Stefano Lo Cicero: il poeta-pittore e il pittore-poeta; potrebbe sembrare una tautologia, un giuoco di parole ed invece è lo scavo profondo e raspante di un’anima enucleata nel vero, che descrive la realtà con occhi proiettati nella fantasia del verso e ripetuta in quella delle tele.
Il pittore ed il poeta: in connessione ed in osmosi incidono nel magma del pensiero agente e lo attingono all’antico del mito per ricollocarlo nella genesi dell’attuale: qui Lo Cicero raggiunge l’impatto con l’arte e dà ai colori l’intimismo del vero, ai fondali la vivacità del descrittivo, alla figura il taglio di uno stile rappresentativo che solo il termine in poesia sa creare. Le sue tele, allora, si caratterizzano con il richiamo antico della vita che fluisce eppur rimane la stessa, i suoi colori trapuntano il substrato perennemente monocorde dell’esistenza, le sue immagini sono espressionistico risalto di una forza inusitata. Guardiamo, per esempio, ad un tema centrale della sua pittura: la donna.
La donna di Lo Cicero: madre, femmina, compagna, donde trasuda il senso “primordiale”, il senso “poetico” della donna, il senso “reale” di questa. Niente concessione all’eclatante, solo il composto vivere da donna – ad occhi chiusi o sbarrati sulla vita – ma presente nella trascendente drammaticità del- l’esistenza e ciò perché Lo Cicero attinge alla vena drammatica del momento vissuto – che è quello più ricorrente, più teatrale, più scenografico – e lo contempla questo suo “momento permanente” come un “simbolo oscuro”, proiettato, come egli stesso scrive, “nella contemplazione irragionata del senso”.
Questo è Lo Cicero, il pittore della “realtà richiamata” che, passo-passo, descrive il lento graduale andamento dell’esistenza corale nella pigmentazione di singoli eventi, prendendoli dall’antefatto della vita, che è poi sempre lo stesso nella realtà di oggi. Merito grande di artista.
Da: Presentazione in catalogo, Galleria “La Ghibellina – Firenze, ottobre 1974