Scrittore
I Rilievi di Stefano Lo Cicero
Dare una definizione certa all’espressione artistica di Stefano Lo Cicero non è per nulla agevole, l’interpretazione del Critico si avvale della propria sensibilità affinata da anni ed anni di osservazioni delle più svariate forme stilistiche, non solo, ma anche e forse principalmente dalla forma artistico-filosofica del pensiero dell’artista, l’ispirazione che conferisce all’opera forme e significato, la poeticità che conferisce il valore interiore dell’opera, la specifica sensibilità cromatica, che veste la materia donandole espressività e coerenza con la realtà.
Di tutto questo e altro ancora, sono l’espressione evidente le realizzazioni artistiche di Lo Cicero, pittore, poeta e filosofo, tale lo definiamo sia nell’osservare le sue opere, sia nell’ascoltare le motivazioni che lo hanno spinto ad aprire il suo più segreto scrigno all’osservazione del prossimo, un disvelarsi commosso come prezioso dono ad una umanità sofferente, percossa da incomprensioni e da violenza fisica e morale, non ha la pretesa di convertire l’inconvertibile, ma semplicemente lenire lo spasimo per orrende ferite con il balsamo della bellezza, della musicalità della parola, una parola che non è affabulazione mendace, ma messaggio reale rivolto all’uomo, perché nonostante tutto Stefano Lo Cicero crede ancora nella capacità di redenzione dell’umanità.
Le realizzazioni artistiche di questo artista ispirato, nascono dal nulla, o per meglio dire, da una vaga ispirazione, per poi assumere forma e contenuto nell’esplicitarsi in messaggi, concetti, inviti gentili, non arrendevoli invocazioni, ma affermazioni che non ammettono tremebonde incertezze.
L’uomo Lo Cicero e l’artista sono coincidenti, il suo pensiero si esplicita nelle sue opere partendo dal convulso caos dei primordi di un pianeta al suo nascere, per poi, successivamente, svilupparsi e completarsi in un ordine coerente, come può essere coerente l’informale se scaturito da un pensiero, da quell’insieme artistico-culturale che, nell’arco di svariati secoli, si è sedimentato sull’ispirazione artistica. A partire dal possente impulso della religiosità, fino ai nostri giorni compendio di tutte le precedenti esperienze.
Il nostro parere, certamente opinabile, è quello di considerare tutti gli artisti poeti, ciascuno secondo la propria visione del mondo e degli accadimenti che colpiscono le coscienze come magli disgregatori, o come delicate fragranze di una realtà serena.
La pittura, la scultura sono alla base di splendidi componimenti che, se esposti con naturale ispirazione completano e esaltano pensiero e opera artistica. E’ appena il caso di citare due artefici di straordinario valore che, con la poesia o prosa incisiva, hanno illustrato le loro opere rendendole ancor più splendide nello svolgersi di numerosi secoli, Michelangelo Buonarroti e Benvenuto Cellini, sto esagerando? Non credo proprio.
Da: Rivista “Sicilia Informazione” - Palermo, 24 ottobre 2010
L’armonia nel caos
Tracciare il percorso artistico di Stefano Lo Cicero è estremamente complesso, non certamente per la comprensione delle sue opere, evidenti nella lettura ancorché non banali, ma per il lungo “cammino” dedicato con onestà e coerenza offerta al mondo periglioso dell’arte.
Un lungo cammino, dicevamo, iniziato nel 1954 e mai interrotto, vuoi per stanchezza, cocenti delusioni o ostacoli in apparenza invalicabili, forse ad incutere in noi una sorta di indecisione timorosa, interviene la paura di ritrovarci, al termine del racconto prigionieri di un turbine di incertezze, interrogativi dolorosi nel non avere compreso compiutamente questo artista, non tanto nelle opere, quanto nelle più segrete pulsioni che lo hanno guidato nel realizzare le sue “esternazioni artistiche” in un divenire misterioso, fantastico nella varietà dei soggetti, dalla pittura figurativa alla scultura; marmo, legno, polvere di marmo e resine, tutte plasmate in un “tutto tondo” che non mostra mai le terga, per l’artista intervallo molesto di una continuità che è racconto, è desiderio di completezza, senza “attimi silenziosi”, inespressivi.
Stefano Lo Cicero unisce alle sue già molteplici qualità, quella della poesia, la produzione in questo specifico letterario è per Stefano una conseguenza, la parte incorporea, ma avvertita con violenza nelle profondità più segrete dell’essere, la più nobile, quel qualcosa che si insinua nel proprio pensiero incitandolo a creare, a esternare l’unica verità della vita, il “canto dell’anima”.
Quel canto non può essere racchiuso in un blocco di pur nobile marmo, limitato da un supporto o da una cornice, la poesia deve godere di spazi immensi, propagarsi trasportata da vento gentile a donare palpiti di intensa emozione, sentimenti amorosi, dolori lancinanti o il “semplice” godere della corolla di un fiore che ha rivelato da poco il segreto contenuto all’interno del suo calice odoroso, oppure un paesaggio montano o marino “fulminato” dal sole di Sicilia, forse è questo il motivo per cui Lo Cicero ha vergato molti dei suoi componimenti nella “lingua siciliana”, un idioma musicale completamento indispensabile al verso gentile per una donna amata o colmo di tristezza per un mondo che scompare sotto gli insulti di una umanità pervasa da follia, da un richiamo irresistibile che conduce al dolore più grande o alla totale sublimazione del vivere, al profetico Olocausto.
E’ lo stesso artista che interviene in nostro ausilio, ci suggerisce una valida soluzione alle nostre titubanze; le sue recenti creazioni sono un compendio di tutto il suo mondo espressivo, figurazione, scultura e, insieme poesia, non scritta, non declamata, ma emanata dalle opere realizzate in tanti anni creativi.
Non è una poesia rimata, chiara e comprensibile alla prima rapida “lettura”, è necessario penetrare il senso insito in quelle opere, in definitiva nel più intimo sentire di Lo Cicero per godere delle stesse vibrazioni, pulsioni non teorizzabili che, adesso sì, divengono sentimento, quell’attimo di intensa, inconscia osmosi che dà vita ad una fantastica commistione di sentimenti sconvolgenti, eppure godibili nella comune comprensione di quel qualcosa che ci permette di scorgere il bagliore di un mondo parallelo, forse la meta agognata, tante volte promessa, intravista, ma mai conquistata.
Le ultime realizzazioni di Lo Cicero giungono, forse, a chetare una domanda per troppo tempo sospesa su di un baratro di incertezza. Queste realizzazioni consentono di comprendere il desiderio incontenibile di sperimentazione, un pregio impagabile per un artista che rifugge la cristallizzazione, un immobilismo che vieta all’autore di progredire nella figurazione al di fuori dei tradizionali canoni della pittura e della scultura.
Stefano Lo Cicero dispone sul supporto di un amalgama di polvere di marmo e resina ottenendo una superficie anonima sulla quale l’artista interviene incidendo, plasmando forme umane, vegetali o altro, ottenendo in fine una scultura a basso rilievo di colore neutro sul quale interviene con vari pigmenti, ne scaturiscono sapienti campiture di vario cromatismo, raggiunge in tal modo un insieme di risultati che, in definitiva, prendono forma scultorea non disgiunta da quella pittorica.
Il colore non è deposto a caso, l’artista lo dispone in trasparenze più o meno intense dando forma e profondità in tal modo a parvenze umane, oggetti o volute eleganti a rendere maggiormente piacevole l’insieme. Questo giuoco voluto dal contrasto luce ombra dà vita a molteplici chiaro-scuri raggiungendo un effetto ottico stupefacente, figure o cose sembrano sottrarsi all’insieme solido che le imprigiona raggiungendo la superficie con un movimento solamente visivo che suggerisce libertà felice, ed ecco, in fine, comparire l’opera completa, così come l’ha immaginata, pensata e realizzata Lo Cicero, dando concretezza al suo pensiero creativo; l’opera finita rappresenta un “unicum” tra scultura, pittura, ma innanzi tutto poesia.
Da: Presentazione in catalogo Galleria “Arte in Loft” – Palermo, aprile 2009