Scrittore
La Poesia del Pittore Stefano Lo Cicero
Ora già so che Stefano Lo Cicero, oltre che un poeta, è anche un pittore e uno scultore, per cui ringrazio lui e quanti si sono adoperati per arricchirmi di questa conoscenza. Sapere che Lo Cicero è un pittore, può essere un pregiudizio? Forse sì, anzi lo è sicuramente, perché, leggendo e rileggendo i suoi versi, mi son lasciato trascinare dal suo intrinseco bisogno di essere più che di fare il pittore.
Che voglio dire? Voglio dire che, da millenni ad oggi, non c’è pittura senza colori, senza l’uso o l’abuso della luce, cioè di un certo luminismo e di un certo cromatismo, che vogliono significare amore della luce e dei colori da essa generati, capacità di riprodurre e moltiplicare le forze cromatiche che sono esistenti in natura con la presenza del sole, e degli astri, con l’alternanza della notte e del dì, delle stagioni, della luce e dell’ombra, e delle molteplici cromie che ne derivano.
E’ Lo Cicero un naturista? Lo è, sì, come lo è ogni pittore e ogni poeta, come lo sono io, lo è Leopardi e Manzoni, Leonardo e Guttuso. Lavorare al buio, riprodurre il buio? Impossibile. Non solo è assurdo, ma di più è impossibile, perché il buio è il nulla, l’azzeramento di tutto, cioè della luce e di tutte le sue variazioni. Ed ecco, allora, anche Lo Cicero al lavoro con la penna e si fa autore di un bel volume antologico di poesia. Mi piace, mi è sempre piaciuta la poliedricità degli interessi e delle attività praticate. Il che vuol dire anche molteplicità di attitudini: fare l’insegnante e fare il pittore, lo scultore, lo scrittore, e praticare anche la manualità, per esempio, col giardinaggio, lavorare il legno o metalli, suonare la chitarra o il pianoforte.
Credo che sia il caso anche del nostro amico, cioè il pittore, lo scultore e anche il poeta Stefano Lo Cicero, della cui attività poetica mi sono occupato attraverso una lettura critica del volume “Segmenti Memoriali” (Edizioni Thule, Palermo 2014) che spaziano in un ampio arco di tempo, dal 1953 al 2014, che è un bel sessantennio.
Qui ho identificato il pittore e il suo cromatismo, un amante della musica se non proprio un musicista, un poeta creatore d’immagini e scavatore della propria interiorità.
Porto subito delle prove, riportando alcune frasi usate dal poeta per l’uso del termine luce: “trafitto da un raggio di luce”, “riverberi di luci irreali”, “irradia luce”, “appagarci di luce”, “raggio di luce”, “luce che avvolge”, “dilatano luci”, “…nell’ovale / di luci…”, “rincorrendo luci”, “…invocano luce /…/…luce vera della vita”, “…riportare alla luce”, “…luce del sole”, “ridoni luce…”, “…fondali senza luce”, “nella luce dei tuoi occhi”, “cattedrali lucenti …/…attingono luce”, “…corolle avide di luce”, “protese alla luce”, “…cieli luminosi”, “…in piena luce”, “respirano di luce …”, “…coriandoli di luce /…/…luce di un amore …”, “…luce di un giorno /…/…trepida luce”, “…corde vibranti di luce”, “alternanze di luce”, “…rincorrono la luce”, “occultato dalla stessa luce”.
Come si vede, è un amplissimo repertorio di lessico e di variazioni sintattico-grammaticali, dentro cui il “termine madre”, la luce, genera immagini e ricche possibilità espressive: campo, questo, privilegiato del nostro e di ogni altro poeta che si nutre dell'elemento/alimento luce, come di ogni altro essere vivente che attinge inevitabilmente a questa sorgente di vita. Almeno per questo libro, Stefano Lo Cicero merita l’appellativo di poeta della luce.
Un’altra ampia, molto ampia scheda risulta dall’uso di un ricco linguaggio cromatico: “nuvole cupe”, “orizzonte opale”, “s’imporpora…/ il nostro mare”, “…lacerano tenebre / la luna m’irradia d’argento / l’alba sorridente…”, “…cielo plumbeo /…/ nella notte cupa”, “…amore / che rinverdisce”, “disgrega tenebre”, “…di luce e di sole”, “…le ombre /…/ si sbianca”, “sole /…/ sangue…/ l’asfalto…/…vermigli”, “…alba /…luna /…opaco”, “sole splendente…/…perle sfavillanti”, “s’indorano / le chiome…”, “e nella notte cupa”, “nell’azzurro cielo”, “emergono dall’azzurro”, “arcobaleno…”, “…spiagge assolate”, “…abbraccio dorato”, “d’ombre evanescenti”, “…vita risplende”, “…pleniluni”, “…sole /…nubi…/…ombra”, “fiorenti…/…/ fulgente…/ diafane…”, “…colorate di crepuscolo”, “nel buio della mente / d’ombre liquefatte /…argento / d’ombre”, “…notte senza stelle”, “…pallide lune”, “con ali luccicanti di sole /…/ sublimate d’azzurro / imperlate”,”tabernacoli d’avorio”,”…galassie buie”.
Tra linguaggio proprio e linguaggio figurato e per un ampio arco di sviluppo lessicale emerge spontaneo il cromatismo di un pittore e di un poeta che insieme concordano nell’amore della luce e delle sue variazioni, contrasti lessicali e cromatici, sfumature e sottigliezze. Si tratta di un ricco potenziale artistico nelle mani di un artista esperto nell’uso della più ampia scala possibile della espressività verbale e cromatica come di una sorgente a cui attingere e come di una ricchezza da offrire a chiunque voglia nutrire occhi, mente, cuore e immaginazione. Possiamo parlare, dunque, di espressionismo tout court.
Un altro ambito, altrettanto allettante per il critico-lettore, è quello offerto dall’uso del lessico musicale, sparso qua e là per tutto il volume. Eccone alcune tracce, a cominciare dalla bellissima apertura: di p.48: «Tra accordi d’arpa e melodie»; e quella lirico-cromatica «Stupori d’alba / destano sinfonie / di cicale innamorate», dove il terzo verso fa scoprire le magiche creature di queste sinfonie circolanti per stupore di un’alba.
E poi in “La primavera: un’altra ampia e musicale apertura di un “a solo”: «voce armoniosa» - come fosse quella di una cantante lirica che si esibisce in un teatro senza pareti. E poi ancora: «Cos’è il pianto / se non la musica / di un carillon / che sa di dare sfogo /.../ all’ultima nota...», dove tocchiamo con mano la magia di chi sa trasformare il pianto in musica, in una specie di sorprendente prodigio di natura e di arte, poiché i due strumenti concordano: il pianto umano e la musica di un carillon! E ti lascia a bocca aperta!
E poi avanti ancora più fascinosa dove si ripete il miracolo della trasformazione o del passaggio da una natura all’altra, in una sorprendente concordanza. Oppure altra apertura di testo: «la tua voce di viola /.../ sul pentagramma». E, per finire, ecco l’ultima apertura lirico-musicale: «Risonanze di echi lontani / tessono armonie», mentre: «Dal pentagramma del caos» ci riconduce a: «nell’incedere del tempo», che può essere anche il nostro, cioè quel tempo, più o meno aperto e attuale, in cui anche noi vogliamo riconoscerci, non, per la verità, «frammenti di spazi», ma “operai di sogni” come il grande Quasimodo voleva che tutti fossimo.
La bravura del poeta lirico si riconosce anche attraverso l’uso frequente di un linguaggio simbolico e immagini trasfiguranti, che superano l’uso grammaticale perfetto e quello prosastico e realistico della quotidianità. Ecco qualche esempio: «Artigli lacerano tenebre / gemiti feriscono il silenzio»; «Quando / il sole del sorriso / squarcerà / le nuvole del dubbio, / le mani stringeranno / ideali di purezza». Versi così belli e carichi di senso che possono costituire un testo autonomo e di autorevole riferimento.
Altro testo carico di simbolismo,: «Pianto di stelle / allucinate all’alba / frammenti di luna / in pulviscolo opaco / naufragando / danzano nel cosmo». E poi altra bella immagine: «Tra accordi d’arpa e melodie / desideri intrecciano arcobaleni / che sulla volta del cielo / incidono un nome» e più avanti altri versi carichi di simbolismo: «nell’attesa trepidante che il vomere / solchi traguardi d’intima essenza».
Altra bella, aerea e musicale immagine: «stanotte l’usignolo / modulerà il canto della vita». E altra ancora: «Guardando / nel pozzo della vita / ho visto l’ombra mia / riflessa nel fondo». E altra ancora quasi a richiamo di quest’ultima, legata ai volatili: «stormi di colombi / cantano al cielo / frammenti di speranza». E quest’altra immagine densa di concetto: «Il tuo semaforo / ha tracciato la mia rotta» .
Ancora simbolismo nel testo di “Ho seminato”: «ho spiegato vele / gonfie del mio vento» e anche una bella immagine densa di lirismo: «per farne ventaglio / colorato di certezze». E altra immagine piena di luce: «Sulla distesa di sabbia / bianca conchiglia / rilucente al sole», dove non sai se toccare con mano o fermarti a contemplare.
E un’altra immagine tanto bella quanto semplice: «E mentre le tue mani / accarezzano criniere al vento», dove ammiriamo leggerezza e freschezza. E più avanti, ancora altra immagine: «Sopra le pallide dune / dei ricordi», ci porta all'esterno, in contrasto con un’altra che ci porta all’interno: «prigioniero / del mio freddo tugurio». E per finire, altre due belle immagini che esaltano e fissano altrettanti palpiti di vita: «Ho innalzato ai cieli / calici d’ambrosia», «Ho violato / tabernacoli d’avorio», dove non sai più se ammirare la luminosità di questo tipo di linguaggio oppure la stupenda essenzialità così pregnante e però così allusiva.
Io non so che cosa ammirare di più di questo poeta, dopo averne evidenziato l’uso sapiente del linguaggio e l’ampiezza degli strumenti espressivi: lirismo, simbolismo, musicalismo, cromatismo.
A me basta quanto ho evidenziato, perché qualcun altro, come l’amico comune Tommaso Romano, nella sua Postfazione ha già sintetizzato alcuni qualificanti contenuti che definiscono benissimo l’uomo e il poeta.
Ecco alcune sue affermazioni: “L’arte come totalità di vita… - Il suo orizzonte, da sempre, è la bellezza… - indicibile devozione alla bellezza… - Stefano crede ai valori più che alle cose effimere… - sa ritrarsi dalla volgarità”.
Tutti pregi e qualità che io pienamente confermo, anche perché conosco bene chi ha espresso questi qualificanti giudizi.
Da: Presentazione Silloge di poesie “Segmenti Memoriali”, Museo Archeologico P. Griffo - Agrigento